L'ANSIA VISTA DAI RAGAZZI

Quello che vi presento oggi è il lavoro di un gruppo educativo che ho tenuto qualche tempo fa (parecchio per la verità) che trattava delle emozioni. Lo scritto che segue volevo proporvelo per proporvi una riflessione sul 
              "DIFFICILE DI ESSERE DIFFICILE"

TITOLO: L'ANSIA
"Accumula.
Mia madre accumula rabbia.
Spesso.
Quando succede lo senti, anche se sei di spalle, anche se sei in un'altra stanza lo senti.
Cala il silenzio irreale e innaturale che precede una tempesta o un tifone.
Poi esplode come un colpo di frusta ed è una invasione di suoni, parole e mani che arrivano ovunque.
Colpisce duro mia madre, anche se è la metà di me, anche se non sono le sue mani a ferirmi.
Forse è una sua dote innata, forse ci studia sopra, ma le parole sono sempre perfette, ti arrivano dentro e fanno una strage: umiliano, offendono e feriscono, strappano e distruggono anche quel poco di buono di me che riesco ad avere o a costruire.
Quando ero piccolo, mentre lei gridava, riuscivo a rifugiarmi in un mondo parallelo dove c'era il sole e io giocavo a basket, ma crescendo è stato sempre più difficile finchè non ci sono più riuscito. Ora non ho altro mondo che questo, posso rimanere solo qui adesso, con le spalle curve e la testa bassa...
Poi si ferma, il rumore finisce e io rimango senza fiato, senza parole e senza pensieri. 
E so che non è finita.
Torna ad accumulare mia madre, girando per la casa senza sosta. 
Gira e borbotta da sola, sbatte, riordina e so che se riuscirà ad accumulare abbastanza rabbia ripartirà un'altra tempesta, altro rumore.
Stò fermo e aspetto, intanto riattacco insieme i miei pezzi e ingoio il dolore per non muovermi, per non farla arrabbiare ancora, per non farla accumulare di più.
Tra poco si avvicinerà, sempre troppo, invadendo il mio spazio e il mio respiro e, pretendendo di essere guardata in faccia, negli occhi mi chiederà perchè, perchè, perchè?
Non so rispondere.
Metà delle volte non so nemmeno cosa ho fatto e anche quando conosco il mio reato non ne capisco la gravità: il libro dimenticato sul tavolo in cucina, i calzini sporchi per terra o il letto da rifare, sono davvero così tanto gravi da meritare tanto dolore?
Rimango zitto, non rispondo, mai. Non penso desideri davvero una risposta, non penso voglia ascoltarmi, ma d'altra parte non saprei cosa dirle non mi vengono le parole, non ho pensieri in questi momenti.
La guardo negli occhi, come vuole lei, e riesco a leggerle così tanta rabbia e così tanto dolore che non vorrei, mi fa paura.
Chiudo i pugni e la bocca fino a farmi male e chiedo a Dio di farmi sparire."

(laboratorio educativo adhd - 11 - 13 anni) 

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