IL RAGAZZO DIFFICILE

Nel mese di ottobre nei giorni 18 e 31, terrò a Vicenza, il seminario intitolato
“IL RAGAZZO DIFFICILE”, che intende proporre un confronto tra genitori, insegnanti ed educatori sul rapporto con quei minori che da soli sono in grado di cambiare in modo radicale l’organizzazione della giornata e delle lezioni in classe.
Non parlerò di ragazzi con difficoltà di apprendimento o con deficit di qualche tipo, ma proverò ad approfondire gli aspetti del disagio scolastico, intendendo con questo termine una condizione che si manifesta soprattutto in classe, ma in realtà è dovuto a variabili personali e sociali, come le caratteristiche psicologiche e caratteriali da una parte e il contesto familiare/culturale dall’altra.
Tutti questi fattori possono portare lo studente al rischio di insuccesso e di intolleranza alla scuola. 
Il ragazzo difficile infatti mostra comportamenti come scarsa  partecipazione, disattenzione, rifiuto e disturbo, oppure cattivo rapporto con i compagni. Questi non gli permettono di vivere adeguatamente le attività di classe e di apprendere con successo.
Le complesse variabili psicologiche e socio-culturali che sono coinvolte e il loro soggettivo intersecarsi con la storia personale del ragazzo rendono imprevedibili le modalità con cui ciascun soggetto manifesterà il suo disagio, in una vasta gamma di situazioni che vanno dal malessere tutto interiore e silenzioso al comportamento eclatante, disturbato e disturbante.
L’essere umano è continuamente impegnato nella relazione con altri esseri umani e quindi ad attivare processi adattivi di integrazione. Il tipo e la qualità delle relazioni influenzano il funzionamento della persona stessa. Questo ci porta a comprendere come una situazione di disagio scolastico non sia da trattare come problema dell’alunno ma come una condizione di difficoltà di tutti i componenti del sistema di cui il ragazzo è parte.

Il disagio a scuola si manifesta ad esempio con difficoltà di apprendimento dove i ragazzi in questione manifestano spesso una discrepanza tra il potenziale cognitivo stimato ovvero capacità e potenzialità normali e le modalità di funzionamento a livello di apprendimento scolastico.
Queste difficoltà di apprendimento dipenderebbero da uno scarso utilizzo delle proprie risorse cognitive.
Le difficoltà che dobbiamo affrontare a volte sono relazionali ed emozionali con aggressività di tipo fisico o verbale rivolta a compagni, insegnanti, oggetti,  oppure iperattività o anche basso livello di attenzione e di tolleranza alle frustrazioni, reazioni emotive eccessive, ansia.
Ma c’è anche un’altra forma di difficoltà che è l’apatia cioè immobilità o riduzione dell'attività,

Questi aspetti spesso si influenzano reciprocamente e vanno a determinare una situazione che accresce il vissuto di disagio del ragazzo.
Queste problematiche  infatti non sono solo del ragazzo, ma anche dell'insegnante e crea una disfunzione del sistema-scuola e infine anche la famiglia entra in disagio, arrivando a colpevolizzarsi e allontanarsi dalla scuola per evitare ulteriori frustrazioni oppure a colpevolizzare il figlio per le aspettative disattese.
Le caratteristiche del ragazzo insieme a fattori esterni come ad esempio la zona di residenza, le condizioni ambientali, si intrecciano con le caratteristiche familiari come il clima, i valori o l’attenzione e l’interesse mostrato, pesano in modo diverso a seconda del grado scolastico. Nella scuola dell’obbligo infatti sono determinanti i fattori di ordine socioculturale che riguardano la famiglia, mentre nella scuola superiore incidono soprattutto le variabili di tipo personale (desiderio di rendersi economicamente indipendenti, caduta di significato della scuola nella propria vita, etc)
La scuola è un banco di prova attraverso il quale l’adolescente cerca di trovare riscontri che gli consentono di investire positivamente un sè incerto, ancora indefinito tanto sul piano dell’identità corporea che su quello del pensiero e delle competenze cognitive, in termini di ricerca di identità adulta. Il fallimento in questa realtà non fa che confermare una immagine di sè svalutata, inadeguata, determinando così un effetto boomerang che può investire anche altri aspetti della realtà anche futura del soggetto.
Una soluzione però c’è e proveremo a quindi a differenziare le situazioni di disagio aspecifico che investe anche l’area scolastica e che è strettamente collegato alla condizione evolutiva adolescenziale, dunque del tutto “normale”, con le situazioni di disadattamento scolastico, dove appunto è presente una oggettiva difficoltà nel conseguire un corretto equilibrio tra allievo e contesto scolastico, a livello relazionale o didattico.
Il disagio, come abbiamo già detto, si manifesta non solo nelle forme esplicite ed eclatanti di una particolare condotta problematica o trasgressiva ma anche nelle forme più sommerse e invisibili di sofferenza interiore, di assenze, di silenzi e scarso coinvolgimento, quindi il primo passo di una prevenzione deve essere una attenta osservazione: saper riconoscere il disagio e saper riconoscere le situazioni a rischio di disagio.
Un’altra forma di intervento fondamentale sia perché sono una educatore, sia perché è anche una azione preventiva, è la continuità educativa. Se riflettiamo sul momento del passaggio da un ciclo di sudi all’altro è evidente come comporti un certo grado di problematicità, soprattutto relativamente alla fascia d’età qui presa in esame. In un momento particolare quale la preadolescenza/adolescenza un tale passaggio si configura come esperienza di ristrutturazione del proprio ruolo, delle proprie competenze e abilità.
Alcune ricerche compiute in Italia nel 2004, evidenziano come le difficoltà che i ragazzi incontrano in questo passaggio siano in primo luogo legate alla relazione con gli insegnanti, poi al metodo di studio, al cambiamento del gruppo classe, dell’ambiente e delle regole della nuova organizzazione scolastica. La transizione fra cicli scolastici costituisce quindi una prova importante per il ragazzo, che può trarne rassicurazioni e buona autostima così come il contrario. La continuità educativa e scolastica ci permette inoltre di gestire in maniera coordinata e coerente eventuali situazioni di disagio emergenti.
Altri momenti fondamentali per una efficace strategia preventiva sono poi lo sviluppo di un sistema di rete tra famiglia, scuola servizi e territorio per un coerente e integrato intervento rispetto alle problematiche giovanili generali e specifiche, e lo sviluppo di un servizio psicopedagogico presente nella scuola.
Sono dunque molteplici le linee di intervento per prevenire e far fronte al disagio scolastico, così come molteplice è la natura stessa del fenomeno. L’ottica in cui porsi è di tipo sistemico, un’ottica che tenga conto della complessità delle variabili che si vengono ad attivare e alle modalità sempre specifiche e soggettive con cui si intersecano, influenzano e manifestano e che consideri non solo il disagio come un problema del singolo individuo, bensì una condizione che appartiene all’intero sistema di vita in cui il ragazzo è inserito: gruppo classe, scuola, famiglia, extrascuola. E’ l’intero sistema, allora, che deve essere preso in considerazione se si vogliono portare avanti interventi di prevenzione, rilevazione e recupero che siano efficaci.

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